IL TRIBUNALE
   Ha  emesso  la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n.
 1266/93 del ruolo generale, promossa da Tunno Marilena,  Tunno  Maria
 Luisa,  Tunno  Maria  Teresa  e Tunno Vincenzo rappresentati e difesi
 dall'avv.to  Romano  Macri',  attori,  contro   comune   di   Taviano
 rappresentato e difeso dall'avv.to Francesco D'Ambrosio, convenuto.
   All'udienza  collegiale  del  21  marzo  1997  il  procuratore  del
 convenuto,  rilevato  che  il  collegio   era   costituito   con   la
 partecipazione  della  dr.ssa Aventaggiato, vice pretore onorario, ha
 eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 90, comma 5, della
 legge 26 novembre 1990, n. 353, come modificato dall'art. 9 d.-l.  18
 ottobre  1995,  n.  432 convertito in legge 20 dicembre 1995, n. 534.
 Tale norma prevede:  "Per sopperire alla  finalita'  dell'esaurimento
 delle  controversie civili pendenti, il presidente del tribunale puo'
 disporre le supplenze di cui all'art. 105 del r.d. 30  gennaio  1941,
 n.  12  (ordin.  giudiziario), anche in assenza delle condizioni vivi
 previste. Tale finalita' costituisce particolare esigenza di servizio
 ai fini della nomina di piu' di due  vice-pretori  onorari  ai  sensi
 dell'art.  32  del  r.d. 30 gennaio 1941, n. 12".  Il citato art. 105
 stabilisce che se in una sezione  manca  o  e'  impedito  alcuno  dei
 giudici necessari per costituire il collegio giudicante il presidente
 del tribunale o chi ne fa le veci, quando non puo' provvedere a norma
 dell'art.  97  (cioe'  mediante il ricorso alla supplenza), delega un
 pretore  o   un   vice-pretore   della   stessa   sede.   L'art.   32
 dell'ordinamento giudiziario come sopra richiamato attiene ai criteri
 di  nomina  dei  vice  pretori  onorari e alla durata dell'incarico e
 sancisce  che  non  possono  essere nominati piu' di due vice pretori
 onorari  per  una  stessa  pretura,  salvo  particolari  esigenze  di
 servizio.    Premessi  questi  brevi richiami normativi, occorre fare
 riferimento all'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, secondo  cui  nel
 caso  di  un  giudizio  dinanzi  ad una autorita' giurisdizionale una
 delle parti o il pubblico ministero possono  sollevare  questione  di
 legittimita' costituzionale mediante apposita istanza, indicando:
     a)  le disposizioni della legge o dell'atto avente forza di legge
 dello  Stato  o   di   una   regione,   viziate   da   illegittimita'
 costituzionale;
     b)   le   disposizioni   della   Costituzione   o   delle   leggi
 costituzionali che si assumono violate.
   "L'autorita' giurisdizionale, qualora il giudizio non possa  essere
 definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
 legittimita' costituzionale o non ritenga che la questione  sollevata
 sia manifestamente infondata, emette ordinanza con la quale, riferiti
 i  termini  ed  i  motivi  della  istanza  con  cui  fu  sollevata la
 questione, dispone l'immediata trasmissione  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale e sospende il giudizio in corso.  Il presente giudizio
 non  puo'  essere  definito indipendentemente dalla risoluzione della
 questione di legittimita' costituzionale, attenendo  la  stessa  alla
 composizione  del  collegio  giudicante.  Detta  questione,  non puo'
 essere ritenuta manifestamente infondata per i seguenti motivi:
   1. - Violazione dell'art. 3 della Costituzione secondo cui tutti  i
 cittadini sono eguali davanti alla legge.
   Gli  utenti  del  servizio  giustizia,  se  il  giudizio  e'  stato
 instaurato dopo il 30 aprile 1995 hanno  la  garanzia  che  la  causa
 sara'  trattata  e  decisa da un giudice togato. Altrettanto, invece,
 non e' per le cause di vecchio rito, cioe' pendenti alla data del  30
 aprile 1995, potendo in esse il collegio, risultare composto anche da
 un  vice  pretore  onorario,  il quale, nella maggior parte dei casi,
 assumeva anche la veste di relatore-estensore  cosi'  sostituendo  il
 precedente istruttore destinato alla trattazione delle cause di nuovo
 rito.
   In  altri  termini,  nel  secondo  caso, e solo in quest'ultimo, la
 decisione della causa  potra'  essere  pronunziata  da  parte  di  un
 giudice  collegiale composto da un membro il cui accesso non e' stato
 sottoposto al vaglio di un pubblico concorso, allo svolgimento di  un
 periodo  di  tirocinio  e  alla  conseguente  valutazione,  reiterata
 periodicamente, della idoneita' al  compimento  e  svolgimento  delle
 funzioni giurisdizionali.
   2.  -  Violazione  dell'art. 102 della Costituzione secondo cui non
 possono essere istituiti giudici straordinari  o  speciali  ma  solo,
 presso  gli  organi  giudiziari  ordinari,  sezioni specializzate per
 determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini  idonei
 estranei  alla  magistratura.    Nel  caso  di  specie non ricorre il
 requisito della specialita' della  materia,  che  avrebbe  consentito
 l'istituzione  di  una  sezione  specializzata (v. ad esempio sezione
 specializzata agraria, ove l'organo collegiale e'  integrato  con  la
 partecipazione  di  due  componenti  non  togati  esperti nel settore
 dell'agricoltura), ma si e' provveduto ad istituire  un  giudice  che
 puo'  essere  definito  straordinario,  sia perche' diverso da quello
 ordinario (giudice istruttore in funzione  di  giudice  unico  ovvero
 tribunale  nelle  cause di cui all'art. 88 legge 26 novembre 1990, n.
 353),  sia  perche'  creato al solo fine di "sopperire alla finalita'
 dell'esaurimento   delle   controversie   civili    pendenti"    come
 testualmente  affermato  dall'art.  9  d.-l.  18 ottobre 1995, n. 432
 convertito  in  legge  20  dicembre  1995,   n.   534,   modificativo
 dell'originaria  formulazione  del quinto comma dell'art. 90 legge 26
 novembre 1990, n. 353, del seguente testuale  tenore:  "il  tribunale
 giudica con il numero invariabile di tre votanti nei procedimenti che
 alla  data  di  entrata in vigore della presente legge gli sono stati
 rimessi ai sensi dell'art.  189  del  codice  di  procedura  civile".
 Trattasi,  in  altri termini, di un giudice creato ad hoc, destinato,
 da un lato, ad occuparsi delle controversie caratterizzate  dal  solo
 dato  temporale  della  loro  instaurazione  ad  una  certa  data  e,
 dall'altro,  a  cessare  con  l'esaurimento  di  dette  controversie,
 istituito  in violazione del principio di precostituzione.  Per molto
 tempo il divieto di istituzione  di  giudici  straordinari  e'  stato
 identificato con il principio di precostituzione e cio' fino a quando
 la giurisprudenza costituzionale (a partire da Corte costituzionale 7
 luglio 1962, n. 88) e la dottrina formatasi su di essa hanno messo in
 rilievo  la  distinta  funzione  che e' propria dell'art.   102 della
 Costituzione e dell'art. 25, primo comma, che detta la  garanzia  del
 giudice  naturale. In considerazione di cio' ben si comprende come il
 divieto  di  istituzione  di  giudici  straordinari  abbia  carattere
 assoluto,  in  quanto  viene a contraddire, al di la' dello specifico
 precetto costituzionale che lo stabilisce esplicitamente,  tutta  una
 serie  di  precetti  che  stanno  alla  base  della  nostra  civilta'
 giuridica, dal generale divieto di discriminazioni  ad  alcune  delle
 principali  regole  specificamente  proprie  del  "processo  giusto".
 Mentre il divieto di istituzione di  giudici  straordinari  si  fonda
 sull'esigenza di assicurare il rispetto dei principi fondamentali del
 sistema  democratico, il divieto di istituzione di giudici "speciali"
 e' correlato soltanto al rispetto  del  principio  dell'unita'  della
 giurisdizione,   che   la  Costituzione  accoglie  come  un  criterio
 direttivo suscettibile di subire una serie di deroghe che  la  stessa
 Costituzione  introduce  laddove prevede le giurisdizioni della Corte
 costituzionale, del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi
 regionali, della Corte dei conti e dei tribunali militari (artt. 103,
 125, secondo comma, e 134). A differenza  di  quanto  avviene  per  i
 giudici  straordinari, quindi, nulla impedisce che si abbiano giudici
 speciali nel rispetto dei principi generali, compreso il principio di
 precostituzione, a condizione  che  sia  la  stessa  Costituzione  ad
 autorizzarne l'istituzione e la conservazione.
   3.  -  Violazione dell'art. 106, primo comma della Costituzione che
 indica  nel  concorso  lo  strumento  ordinario  per  la  nomina  dei
 magistrati.    Come  emerge  dai  lavori  preparatori  dell'Assemblea
 Costituente, la scelta del concorso ha costituito il  punto  d'arrivo
 di  un complesso dibattito nel corso del quale sono state prospettate
 tutte  le  possibili  modalita'  di  assunzione  dei  magistrati,  in
 rapporto  alla  scelta fondamentale, operata dall'art. 104, nel senso
 dell'autonomia   ed   indipendenza,   rispettivamente,    dell'ordine
 giudiziario  e del giudice, quest'ultimo soggetto, ai sensi dell'art.
 101, soltanto alla legge. Infatti, attraverso il  concorso  risultano
 perseguiti  due diversi obiettivi, entrambi essenziali nel sistema di
 garanzia delineato dalla Costituzione per la magistratura  e  di  cui
 l'art.  105 rappresenta la premessa: da una parte, la possibilita' di
 estendere  l'accesso  alla  magistratura  a  tutti i cittadini, senza
 distinzione di condizioni sociali, ovvero  di  posizione  politica  o
 religiosa attraverso un meccanismo che, nella sua oggettivita', e' in
 grado    di    escludere   qualsiasi   discriminazione;   dall'altra,
 l'accertamento della qualificazione tecnico professionale, condizione
 necessaria, anche se non sufficiente, per l'esercizio delle  funzioni
 giudiziarie.    In  questo  senso  deve  ritenersi  che la scelta del
 concorso, come ordinario sistema di  assunzione  dei  magistrati,  si
 pone  in  rapporto di strumentalita' con i principi posti dagli artt.
 101 e 104 della Costituzione secondo  cui  i  giudici  sono  soggetti
 soltanto  alla legge e la magistratura costituisce un ordine autonomo
 e indipendente da ogni altro potere. In conseguenza di quanto prevede
 deve affermarsi che i sistemi di nomina  diversi  dal  concorso  sono
 eccezionali,  eventuali,  ovvero,  a  tutto voler concedere, soltanto
 integrativi di quello previsto come primario.
   4. - Violazione dell'art. 106, secondo comma,  della  Costituzione,
 per  il quale la legge sull'ordinamento giudiziario puo' ammettere la
 nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte  le  funzioni
 attribuite  ai  giudici singoli.   Quindi e' espressamente esclusa la
 possibilita'  che  il  legislatore  possa  consentire  la  nomina  di
 magistrati  onorari  destinati  a  comporre i collegi giudicanti, ne'
 tale nomina puo' essere giustificata  come  gia'  fatto  dalla  Corte
 costituzionale  con  pronunzia  17 dicembre 1964, n. 99, invocando la
 temporaneita' dell'incarico, non ricorrendo l'ipotesi di cui all'art.
 105 ord. giud. di mancanza o impedimento di uno dei giudici necessari
 per costituire il collegio giudicante e non contenendo la  previsione
 di  cui all'art. 90, comma 5, legge n. 353/1990 alcuna determinazione
 del termine di scadenza della disposta supplenza.  Ne' detto  termine
 puo'  essere altrimenti desunto, non potendo assolutamente prevedersi
 il tempo  occorrente  per  l'esaurimento  delle  controversie  civili
 pendenti  alla  data  del 30 aprile 1995.   Le competenze che possono
 essere attribuite a tali magistrati onorari sono  limitate  a  quelle
 conferite  a  giudici  singoli.  Cio'  significa,  tenuto presente il
 momento storico in cui la norma  e'  stata  prevista,  nel  quale  la
 rilevanza istituzionale del giudice singolo era certamente assai piu'
 limitata  di quella attuale, che il legislatore costituente ha inteso
 attribuire una  limitata  rilevanza  a  siffatto  sistema  di  nomina
 riservando  alla competenza del giudice onorario la trattazione della
 cosiddetta giustizia minore, nel presupposto  che  alla  magistratura
 professionale  dovessero  essere  affidate  le  questioni di maggiore
 rilievo.
   5. - Violazione dell'art.  97  della  Costituzione  secondo  cui  i
 pubblici  uffici  sono  organizzati secondo disposizioni di legge, in
 modo che siano  assicurati  il  buon  andamento  e  la  imparzialita'
 dell'amministrazione.
   Per i magistrati togati sono previste incompatibilita' territoriali
 e  familiari  che  non  risultano sancite per i magistrati onorari in
 questione ai quali,  inoltre,  e'  consentito  lo  svolgimento  della
 libera  professione  nello stesso circondario in cui essi svolgono la
 funzione giudicante.